Onorevoli Colleghi! - La presentazione, a pochi mesi dall'inizio della legislatura, di una proposta di legge che prevede di elevare l'obbligo di istruzione gratuito fino a diciotto anni di età e, in prima applicazione, fino a sedici, è motivata dalla presa d'atto di una drammatica «emergenza istruzione» presente nel nostro Paese, che ricerche recentissime hanno dimostrato essersi fortemente aggravata. Con la presentazione di questa proposta di legge intendiamo porre Parlamento e Governo di fronte alla responsabilità urgente di intervenire, essendo a rischio, in ragione di tale «emergenza istruzione», lo sviluppo sociale, civile, democratico ed economico dell'intero Paese. Scriveva Tullio De Mauro, in un suo testo recente, che in Italia «più di due milioni di adulti sono analfabeti completi, quasi quindici milioni sono semianalfabeti, altri quindici milioni sono a rischio di ripiombare in tale condizione e comunque sono ai margini inferiori delle capacità di comprensione e di calcolo necessarie in una società complessa come è la nostra che non voglia solo dirsi ma essere democratica». Ricerche recentissime (PISA e UNLA, per esempio) descrivono una situazione se possibile ancora più drammatica. A ciò si deve aggiungere che in Italia solo il 70 per cento dei giovani è in possesso del titolo della scuola secondaria di secondo grado (90 per cento nei Paesi membri dell'Unione europea, 78 per cento nell'intera Europa); solo il 9 per cento della

 

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popolazione ha una laurea di fronte ad una media europea del 21 per cento; solo il 5 per cento degli adulti partecipa ad attività di apprendimento permanente a fronte dell'8,5 per cento in Europa.
      In questi dati sta il dramma dell'arretratezza culturale e dell'«emergenza istruzione» in Italia. Fronteggiarla deve costituire una assoluta priorità nazionale.
      Presentando questa proposta di legge intendiamo sottoporre tale priorità al Parlamento.

      Una grande priorità nazionale. La proposta di legge risulta composta da pochi articoli essenziali (che fanno propri alcuni essenziali contenuti di una proposta di legge molto più articolata e complessa di riforma della scuola della quale alcuni di noi furono sottoscrittori). Essa dunque, per i suoi caratteri di essenzialità, potrebbe essere approvata in tempi brevissimi essendo sostenuta da altissime ragioni di valore culturale, sociale, civile, democratico.

      Abrogare i provvedimenti del centro-destra. Siamo consapevoli di presentare questa proposta di legge a un Parlamento che, nella XIV legislatura, ha approvato provvedimenti che vanno nella direzione esattamente opposta a quella da noi indicata. Con tali provvedimenti è stato ridotto l'obbligo di istruzione (crediamo si tratti dell'unico caso al mondo), si è istituita la canalizzazione precoce fra istruzione e formazione professionale, si è ridotto l'orario scolastico nella scuola dell'obbligo, si è colpita duramente la scuola pubblica con tagli senza precedenti alle risorse e con provvedimenti che preludevano a una sua trasformazione in senso privatistico, si è (da ultimo, con la cosiddetta «devolution») tentato di frantumare il sistema nazionale dell'istruzione regionalizzandolo.
      Scelte, queste, finalizzate a rendere endemica la situazione di arretratezza e di «emergenza istruzione» descritta, anzi a peggiorarla fortemente nel medio e lungo periodo.
      L'approvazione della proposta di legge che presentiamo comporterebbe, ovviamente, la completa abrogazione dei provvedimenti citati.

      Sapere e istruzione: diritti inalienabili. Quali sono le ragioni che ci convincono a indicare nell'estensione del diritto di istruzione per tutti, nell'elevamento dell'obbligo di istruzione una grande priorità nazionale?
      Anzitutto la consapevolezza che l'estensione del diritto per tutti a un'istruzione qualificata costituisce l'imprescindibile premessa per far sì che a tutti siano assicurati i fondamentali diritti di cittadinanza a iniziare da quello al lavoro, per consentire lo sviluppo economico, sociale, civile, democratico dell'intera società italiana. Partiamo cioè dalla premessa che nella società della conoscenza quello all'istruzione è un diritto inalienabile, la base strutturale su cui costruire la società della democrazia e dell'uguaglianza. Per questo l'elevamento dell'obbligo di istruzione costituisce un obiettivo strategico per il futuro di tutti.
      È uno dei princìpi di fondo che, sessant'anni fa, ispirò la nostra Costituzione fondando il nostro sistema scolastico statale come scuola dell'inclusione, come scuola di tutti.
      Recita la Costituzione, all'articolo 34: «L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno il diritto di raggiungere i più alti gradi degli studi»; e ancora, all'articolo 33: «La Repubblica [...] istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi».
      Il diritto di istruzione è individuato (insieme a quello al lavoro) quale valore fondante per la democrazia costituzionale.
      In effetti, in relazione a nessun altro diritto (se escludiamo, appunto, quello al lavoro che nell'articolo 1 della Carta costituzionale fonda l'esistenza stessa della Repubblica) il testo della Costituzione è tanto precettivo e cogente.

      Una scelta per il futuro di tutta la società. Con la riforma della scuola media unica del 1962 si dà attuazione alla prescrizione costituzionale elevando l'obbligo di istruzione a quattordici anni di età. Grazie a quella riforma il nostro Paese ha compiuto un passo in avanti importantissimo nella fruizione da parte di tutti del

 

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diritto di istruzione: oggi il 97 per cento dei ragazzi assolve all'obbligo di istruzione conseguendo la licenza di terza media.
      A quasi quarantacinque anni da quella riforma si rende indispensabile un ulteriore salto di qualità nella estensione e nell'elevamento del diritto ad un'istruzione qualificata per tutti.
      Un salto di qualità che non solo è voluto da quell'«almeno» scritto nel citato articolo 34 della Costituzione oltre sessant'anni fa, ma che ci è imposto dalle trasformazioni epocali che stanno attraversando la società contemporanea. In proposito, i Capi di Stato e di Governo riuniti nel Consiglio europeo di Lisbona nel marzo 2000 hanno sottolineato che «l'Unione europea si trova dinanzi a una svolta epocale risultante dalla globalizzazione e dalle sfide presentate da una nuova economia basata sulla conoscenza». Nel 2004 lo stesso Consiglio europeo, con un'ampia e dettagliata comunicazione dal titolo «Istruzione e formazione 2010», fa il punto e ridefinisce le tappe fondamentali per realizzare gli obiettivi di Lisbona.
      Sono fondamentali, fra gli obiettivi del 2010: far sì che l'85 per cento della popolazione ventiduenne dell'Unione europea completi un ciclo di istruzione secondaria superiore; portare al 12 per cento il tasso di partecipazione degli adulti all'apprendimento permanente. Recita lo stesso documento del Consiglio europeo: «Secondo alcune stime, l'innalzamento di un anno del livello di istruzione medio della popolazione si traduce in un aumento del tasso di crescita del 5 per cento a breve termine e di un altro 2,5 a lungo termine. Inoltre l'impatto positivo dell'istruzione sull'occupazione, la salute, l'inclusione sociale e la cittadinanza attiva è stato ampiamente dimostrato».

      Il rischio della descolarizzazione di massa. Anche alla luce di tutto questo lasciano veramente allibiti le scelte compiute nella scorsa legislatura: esse, invece che fronteggiarla per cercare di porvi rimedio, rendono endemica e sono persino destinate a peggiorare la situazione di arretratezza e di emergenza culturale descritta. Esse sono destinate a produrre fenomeni di descolarizzazione che, nel medio periodo, coinvolgerebbero la maggioranza dei giovani al di sopra dei quattordici anni di età. Basti considerare che già oggi circa il 30 per cento dei giovani non consegue il diploma della scuola secondaria di secondo grado, che già oggi quasi la metà dei diplomati della scuola secondaria di primo grado ottiene la qualifica di «sufficiente» (ad indicare un livello di preparazione sicuramente non elevato).
      Ebbene, in tale contesto, provvedimenti legislativi quali l'abbassamento dell'obbligo di istruzione, la canalizzazione precoce, la riduzione dell'orario nella scuola dell'obbligo pongono le premesse per un drammatico scenario futuro: quello che vede la maggioranza dei ragazzi oltre i quattordici anni di età non procedere negli studi in quella che è oggi la scuola secondaria di secondo grado. Uno scenario veramente apocalittico per una società in cui l'istruzione non sarebbe più annoverata fra i fondamentali, inalienabili diritti di cittadinanza, ma considerata privilegio di classe riservato a ristrette élite dominanti. Uno scenario al di fuori del quadro costituzionale e che comprometterebbe le possibilità di sviluppo dell'intera società.
      Sorge il dubbio non certamente infondato che un popolo incolto, una maggioranza di cittadini «collocata ai margini inferiori della capacità di comprensione e di calcolo necessarie in una società complessa» sia funzionale al modello di società che il centro-destra intendeva costruire: una società classista, senza democrazia partecipata, composta prevalentemente da sudditi-consumatori più che da cittadini consapevoli; un Paese privo di mobilità sociale e che tende sempre più a fondarsi sulla disuguaglianza anziché sull'uguaglianza; un Paese con una struttura economica subalterna e senza sviluppo.
      Con la presentazione della nostra proposta di legge partiamo dall'assunto esattamente opposto. Quello secondo il quale l'elevamento dell'obbligo di istruzione costituisce

 

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una scelta senza alternative affinché ogni persona possa essere cittadino a pieno titolo nella società della conoscenza; costituisce una scelta senza alternative per l'affermazione dei fondamentali diritti di uguaglianza, per la realizzazione della mobilità sociale, per l'emancipazione dell'intera società; costituisce una scelta senza alternative se non si vuole condannare il nostro Paese all'arretratezza, a uno sviluppo economico marginale e subalterno.

      Quattro presupposti per la reale fruibilità dell'obbligo. Con questa proposta di legge, dunque, ci proponiamo di perseguire un obiettivo strategico fondamentale: quello di creare le condizioni affinché, nel medio periodo, quel 30 per cento di ragazzi diciottenni che oggi non consegue il titolo di istruzione della scuola secondaria di secondo grado possa raggiungerlo. Indichiamo anche un passaggio intermedio: quello dell'obbligo a sedici anni di età.
      Si tratta di un obiettivo strategico, necessario e nel contempo ambizioso e molto difficile da perseguire, un obiettivo che si deve realizzare nella scuola, che non è solo o principalmente della scuola, ma dell'intera società.
      In questo senso quattro sono i fondamentali presupposti della sua realizzabilità. Il primo è che l'elevamento del livello culturale e di istruzione del Paese sia finalmente eletto a obiettivo prioritario dell'iniziativa parlamentare e governativa anche sul piano delle risorse. Il secondo è che nella sua realizzazione sia coinvolta la società intera. Il terzo è il coinvolgimento degli operatori scolastici nella sua realizzazione. Il quarto è che l'assolvimento dell'obbligo si realizzi in un sistema scolastico unitario e nazionale, in una scuola pubblica, laica, democratica e pluralista, come prescritto dalla Costituzione laddove impegna la Repubblica a istituire «scuole statali per tutti gli ordini e gradi».

      Gli atti di riforma. Riteniamo che la scuola così come è oggi strutturata non sia in grado di assicurare il raggiungimento di tale obiettivo. In questo senso la legge sull'elevamento dell'obbligo di istruzione deve accompagnarsi a interventi, provvedimenti, processi riformatori del nostro sistema scolastico che rendano effettivamente fruibile per tutti la scuola primaria fino a sedici, poi fino a diciotto anni di età.
      Questi i fondamentali atti di riforma da realizzare.

          1. La completa gratuità della scuola dell'obbligo (libri di testo compresi) così come prescrive la Costituzione e l'individuazione di risorse indirizzate a incentivare la prosecuzione degli studi fino al diciottesimo anno di età. Oggi gli esclusi dalla scuola fino a sedici-diciotto anni di età sono prevalentemente i ragazzi provenienti da situazioni socio-culturali più svantaggiate, da famiglie con redditi medio bassi: per tale ragione la scelta della gratuità è obbligata. Avendo inoltre presente che oltre il 20 per cento delle famiglie con figli in età scolare è titolare di redditi inferiori a 15.000 euro annui, mentre in regioni quali la Sicilia, la Calabria, la Campania, tali percentuali raggiungono anche il 35 per cento.

          2. Avviare una riforma dei percorsi e dei programmi dell'ultimo triennio della scuola secondaria di secondo grado.

          3. Una scelta fra le più importanti e difficili: intervenire sulla fascia critica del sistema attuale, quella fra gli undici e i sedici anni di età, quella dove sono maggiormente concentrate le cause e la realtà della dispersione scolastica. Fra gli interventi a monte vi è quello della generalizzazione della scuola dell'infanzia e dell'estensione del tempo pieno nella scuola primaria e del tempo prolungato nella scuola secondaria di primo grado. Si dovrà inoltre mirare a una unitarietà della scuola primaria che si caratterizzi per gli obiettivi comuni ed escluda opzionalità facoltative. Il nuovo biennio obbligatorio dai quattordici ai sedici anni di età dovrà avere caratteri comuni su tutto il territorio nazionale, nel dovuto rispetto dell'autonomia scolastica, dovrà essere un biennio unitario e di indirizzo.

 

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          4. Interventi volti a realizzare la possibilità di istruzione e di apprendimento per tutto l'arco della vita. È la risposta necessaria al diffuso fenomeno per cui le competenze acquisite nella scuola, se non adeguatamente esercitate, regrediscono particolarmente in presenza di titoli di studio medio-bassi. Basti pensare che oggi quasi il 40 per cento della popolazione non è in grado di comprendere e di scrivere frasi che siano un po' più che complesse, tanto meno è in grado di leggere e di comprendere un giornale quotidiano. L'istruzione e l'apprendimento per tutto l'arco della vita devono divenire parte integrante del nostro sistema scolastico, devono quindi impegnare direttamente lo Stato per quanto riguarda risorse e indicazioni generali e vedere protagonisti gli enti locali.

          5. Rendere vivibili le scuole come luogo di socialità, formazione, apprendimento. L'entità del fenomeno multietnico che si va diffondendo in modo impetuoso nella nostra scuola deve costituire una delle priorità di intervento per far sì che esso costituisca una possibilità reale di arricchimento culturale, di positiva socializzazione, di confronto, di contaminazione fra culture, usi, costumi, religioni diversi. A questo fine devono essere formate e rese disponibili le professionalità necessarie nelle persone degli insegnanti curricolari e dei mediatori culturali. Interventi adeguati devono essere previsti per quanto concerne l'inserimento dei portatori di handicap, nel senso di una sempre maggiore qualificazione degli insegnanti di sostegno e di un incremento del loro numero, al fine di rendere sempre più positiva l'esperienza dell'integrazione che qualifica il nostro sistema formativo.
      Sarà inoltre necessario predisporre un piano di intervento per l'edilizia scolastica a partire dalle numerose strutture che versano in condizioni di degrado inaccettabili.

          6. Valorizzazione piena del ruolo culturale e sociale degli insegnanti, nella consapevolezza che in assenza di una loro piena corresponsabilizzazione nella realizzazione del progetto l'obiettivo dell'innalzamento dell'obbligo scolastico non è realizzabile. Un investimento forte deve essere fatto sulla loro professionalità, riconoscendola anche sul piano economico, eliminando la precarietà del lavoro, rendendo disponibili tempi, competenze, spazi per l'aggiornamento, per la formazione continua in servizio, predisponendo strumenti che consentano forme di valutazione-autovalutazione del lavoro svolto finalizzate a misurare l'efficacia dell'azione didattica, a correggerne gli errori, a migliorarla.

          7. La democrazia nella scuola. Essa, per esercitarsi compiutamente, deve anzitutto vedere l'intera società, insieme alla scuola, coinvolta nel dibattito e nella realizzazione del grande progetto di dare più scuola e più istruzione a tutti. La consapevolezza e la partecipazione dimostrate in questi anni da genitori e da studenti, insieme agli insegnanti, costituiscono un viatico molto importante per il governo democratico della scuola. Un governo che si realizzi nel contesto del sistema unitario nazionale dell'istruzione, nel pieno rispetto e valorizzazione dell'autonomia didattica e organizzativa delle istituzioni scolastiche, una democrazia che si eserciti con la partecipazione e la rappresentanza paritetica di tutte le componenti scolastiche nella gestione della scuola. Un governo democratico che può compiutamente realizzarsi anche in ragione di un rapporto e di un confronto con la realtà socio-culturale circostante, con le istituzioni rappresentative dei cittadini e del territorio, quegli enti locali il cui intervento economico è decisivo dovunque per la qualità e il funzionamento delle istituzioni scolastiche. Inoltre, democrazia significa riconoscimento dell'autonomia dei collegi dei docenti nelle scelte di programmazione e di indirizzo didattico e garanzia per ogni insegnante della libertà di insegnamento, come prescritto dalla Costituzione e come garanzia insostituibile per la qualità, il pluralismo, la laicità della scuola.

 

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      Per quanto riguarda i contenuti specifici della proposta di legge, essa si compone di 8 articoli.

      L'articolo 1 prevede la gratuità e l'obbligatorietà dell'istruzione fino a diciotto anni di età e, in fase di prima attuazione, fino a sedici anni di età. Fra i quattordici e i sedici anni di età l'obbligo si realizza in un biennio unitario e di indirizzo. La gratuità è assicurata a tutti fino alla conclusione di quello che è attualmente il primo ciclo di istruzione (ridefinito come «scuola di base»); è altresì assicurata prioritariamente agli alunni frequentanti il biennio unitario e appartenenti a famiglie con reddito fino a 25.000 euro annui. Per l'assolvimento dell'obbligo fino a diciotto anni di età vengono assicurate forme di reddito minimo per gli appartenenti a famiglie titolari di redditi fino a 15.000 euro annui.

      Gli articoli 2 e 3 prevedono la promozione e l'estensione del tempo pieno e prolungato e un orario scolastico obbligatorio nelle scuole del primo ciclo non inferiore alle trenta ore settimanali.

      L'articolo 4 prevede la generalizzazione della scuola dell'infanzia pubblica.

      L'articolo 5 prevede vincoli per l'organico in relazione al numero degli alunni, all'integrazione di alunni stranieri, al sostegno e al numero degli alunni per classe.

      L'articolo 6 prevede interventi contro la dispersione scolastica.

      L'articolo 7 indica l'esigenza dell'educazione e dell'apprendimento per tutto l'arco della vita come parte integrante del sistema scolastico.

      Ai sensi dell'articolo 8, alle spese previste dalla presente proposta di legge si fa fronte, per l'anno 2006 e seguenti, per i quali si stima una spesa di 800 milioni di euro annui, ripristinando l'imposta sulle successioni e donazioni sui grandi patrimoni, e cioè abrogando l'articolo 13 e il comma 1 dell'articolo 14 della legge 18 ottobre 2001, n. 383, e utilizzando quota parte delle entrate derivanti dalla rimodulazione delle aliquote delle imposte sui redditi.

 

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